Housing Sociale: abitare la città fragile, al tempo della società liquida

Housing Sociale Lavorare Insieme

Mettersi insieme è un inizio, rimanere insieme un progresso, lavorare insieme un successo!

Oggi la globalizzazione, l’indebolimento delle reti sociali di prossimità, la dimensione multietnica e plurale, il radicalizzarsi delle differenze culturali, la perdita del “senso del noi”, la crescita delle diseguaglianze economiche, la crisi economica, la delocalizzazione produttiva, la perdita di posti di lavoro, il calo delle risorse pubbliche, l’indebolimento del welfare, hanno prodotto un mutamento strutturale profondo del tessuto sociale e delle condizioni che presiedono la convivenza e la coesione sociale.

L’insieme di questi fenomeni hanno reso fragili le nostre città. La perdita di consistenza dei legami sociali, la perdita di senso del vivere in comunità, accresce il senso di precarietà e di insicurezza. Come sostiene Giuseppe De Rita “una società che ha un deficit di reti è una società debole”. L’assenza di reti comunitarie fa percepire l’ambiente sociale come ostile, instabile e minaccioso.

Risulta allora necessario contrastare lo sbriciolamento dei legami sociali e immaginare delle politichesante-essentielle-connexion-je-nous abitative in grado di mettere mano alla ricostruzione della comunità, stimolando la creazione di reti sociali di reciprocità, di mutualità, di prossimità e costruendo legami che passano attraverso linee di diversità sociale (bridging social capital) e piuttosto che quelle a forte coesione interna (bonding social capital).

L’housing sociale non è soltanto una pratica di innovazione urbana e un’opportunità per soddisfare il il bisogno abitativo, ma è anche un’occasione per ricostruire il tessuto sociale, per dar vita a forme di sharing economy, di common houisng, di co-housing, per riconnettere e ricostruire quel tessuto comunitario che si è andato sgretolando soprattutto nel corso degli ultimi due decenni.

L’housing sociale è in grado di rispondere a diversi bisogni abitativi presenti sui territori; a solo titolo esemplificativo, ma non esaustivo, si possono ricordare:

  • necessità di case di buona qualità a prezzi accessibili per giovani coppie, famiglie, singles, ecc.
  • necessità di appartamenti di prossimità per “anziani giovani” che intendono accostarsi a questa fase del ciclo di vita attraverso forme di abitare che facilitino l’invecchiamento attivo (active ageing), in un contesto socializzante e protettohousing sociale anziani giovani
  • necessità di strutture abitative protette per persone con disabilità
  • necessità di residenzialità temporanea per persone o famiglie in difficoltà
  • necessità di residenzialità temporanea con percorsi di autonomia per minori in uscita dalle comunità al compimento del 18° anno
  • necessità di soluzioni abitative per coniuge separato, non assegnatario dei figli, rimasto privo della propria residenza
  • necessità di soluzioni abitative per gruppi di persone che per motivazioni diverse (etiche, religiose, economiche, ecc.) sono alla ricerca di uno stile di vita sostenibile, fondato su una modalità di abitare ispirato alla prossimità ed alla reciprocità

Sperimentare la creazione di contesti urbani in cui si ricostruiscono reti di socialità, di mutualità, solidarietà, reciprocità, contribuendo ad accrescere il benessere sociale. Immaginare nuove risposte coerenti con i mutamenti sociali in atto, capaci di ridefinire le politiche abitative, perché l’isolamento costituisce un lusso, forse non più sostenibile. Oltre agli edifici bisogna costruire anche la comunità, le relazioni.

Il bisogno abitativo si stratifica su diverse dimensioni: avere un tetto sopra la testa, un luogo in cui ripararsi dal freddo e dal caldo, risponde soltanto ad un bisogno primario, materiale.
Quando pensiamo alla casa, pensiamo alle persone, alla famiglia, alle relazioni, agli amici, alla comunità.
Se non si coglie anche questa dimensione, ci si ferma ad un livello troppo superficiale, incapace di prevenire il disagio.

Una nuova politica urbanistica sinergica con le politiche sociali attive, ha molto da dire e da fare nella riqualificazione dei tessuto urbano, delle periferie, delle aree industriali dismesse, dei centri storici sempre meno abitati.

Il patrimonio edilizio rappresenta un ambito di intervento di notevoli dimensioni ed è costituito prevalentemente da un’edilizia energeticamente inefficiente e vetusta che spesso versa in condizioni di degrado. Plessi scolastici e ospedali dismessi, case popolari, case cantoniere, stazioni impresenziate, beni confiscati alle mafie, aree industriali in declino, riqualificazione centri storici, incompiute…

La riqualificazione di questo patrimonio edilizio può rappresentare una risposta interessante sia per i proprietari che valorizzano, anche economicamente, un bene altrimenti destinato al degrado, sia per i cittadini che possono soddisfare il proprio bisogno abitativo, ad un prezzo sostenibile.

La pratica dell’autocostruzione/autorecupero, all’interno dei progetti di housing sociale, rappresenta un esempio di politica attiva dell’abitare, dove il cittadino non resta passivo in attesa che “qualcuno” risolva il suo problema, ma diventa parte della soluzione del proprio problema. Lavorare, sudare insieme per raggiungere un sogno comune, crea relazioni sociali.

lampadinaÈ urgente creare innovazione sul tema dell’abitare. L’edilizia residenziale pubblica non è più sufficiente a dare risposte adeguate al disagio abitativo, sia per carenza di fondi, sia perché è cambiato il contesto sociale.
Non si costruisce una comunità se non si riflette sull’abitare, sulla casa, sullo spazio pubblico. È urgente intessere una riflessione condivisa, sperimentare nuove forme di intervento, sviluppare pensiero innovativo in grado di produrre cambiamento e benessere sociale.

La nostra esperienza si propone come un laboratorio che studia i processi di cambiamento della società e sperimenta processi di housing coerenti. Vogliamo essere un soggetto anticipatore che mette a disposizione le proprie competenze. Vogliamo scambiare buone pratiche, sperimentare, dare continuità a progetti e costruire un nuovo modello che sia anche in grado di migliorare la qualità dell’abitare, la qualità della vita, ridurre la vulnerabilità sociale, la solitudine ed il disagio. Vogliamo essere anzitutto costruttori di futuro.
Adriano Olivetti raccontava di una catena di tre muratori occupati a passarsi dei mattoni; interrogati su cosa stessero facendo il primo rispose: io sposto mattoni; il secondo: io costruisco un muro; il terzo: io innalzo una cattedrale!

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